lunedì 30 agosto 2010

The Wedding di Beth Fantaskey - Giunti Editore - Capitoli da 6 a 12




Capitolo 6

Fratello? Quella parola mi colse totalmente di sorpresa e sentii bruciare dentro la sensazione di essere stata tradita, perché non riuscivo a credere che Lucius mi avesse nascosto qualcosa di così importante, un segreto di quella portata. Lui non aveva un fratello… Inoltre ero sconvolta dalla vista del nuovo arrivato che avanzava zigzagando fra noi per raggiungere Lucius. Tutti noi eravamo in abiti formali. Persino papà, che solitamente indossava magliette obsolete che si schieravano a favore di cause cui nessuno pensava più da almeno dieci anni, si era messo in ghingheri per l’occasione. Ma il ragazzo che si faceva largo tra gli invitati con un sorriso da orecchio a orecchio, evidentemente ignaro di aver attirato gli sguardi sconcertati di tutti, indossava un paio di bermuda larghi e una maglietta gialla che pubblicizzava un negozio da surf di Venice Beach. Era perfino peggio di quelle di papà… Mentre passava fra i tavoli, la luce delle candele mise in risalto i suoi lunghi capelli castani e lucidi, raccolti in una morbida coda con un laccio in tutto simile a quelli per le scarpe. La loro lucentezza, notai in un secondo momento, derivava in realtà dalla mancanza di pulizia. Infine udii un suono familiare mentre mi passava accanto, così abbassai lo sguardo e scoprii che ai piedi sfoggiava un bel paio di ciabatte nere di gomma… Mi alzai in piedi senza nemmeno sapere perché e mi voltai verso Lucius, come in attesa di spiegazioni, sicura che il mio principe vampiro dai modi impeccabili avesse dipinto in viso almeno un cenno di rimprovero. Se davvero quello era suo fratello, era stato l’ultimo ad arrivare… con indosso quei vestiti trasandati… insomma, a casa mia quella era una bella mancanza di rispetto… Ma quando vidi l’espressione sul volto di Lucius, mi resi conto che non era affatto arrabbiato. Al contrario, sorrideva mentre posava il calice e scostava la sedia dal tavolo per andare incontro a quel ragazzo. Ma che…? Vidi i miei genitori e Mindy in preda alla confusione e provai imbarazzo perché non avevo idea di cosa fare se non sollevare goffamente le spalle in segno d’impotenza. Così rimasi in piedi e mi voltai verso Lucius appena in tempo per vederlo stringere la mano al suo presunto fratello, il quale ricambiò con vigore la stretta del mio futuro marito per poi accoglierlo nello stesso caldo e virile abbraccio che Lucius aveva poco prima scambiato con mio padre. Non fu fino a quando Lucius lo afferrò per le spalle costringendolo a girarsi in nostro favore – e dandomi così la possibilità di notare come il loro modo di sorridere fosse quasi identico… quei denti, così tipicamente candidi – che intuii chi fosse quella persona. Lucius mi lesse nel pensiero annunciando sorridente: «Questo fannullone amante del surf che osa presentarsi al nostro cospetto in ritardo e in condizioni così inappropriate altri non è, e mi vergogno quasi a confessarlo, che il mio testimone». Sprofondai a sedere al mio posto, incapace di credere alle mie orecchie. Era mai possibile che quello… quello fosse il leggendario Raniero Vladescu Lovatu?
 

Capitolo 7

«Allora…» disse Mindy stringendosi le gambe al petto nel tentativo di trattenere il calore che scarseggiava nella mia stanza, nonostante fossimo a fine estate. «Che ne pensi di quel Raniero? Che sorpresa, eh?» dissi mentre finivo di abbottonarmi il pigiama e la raggiungevo sul letto. Il nostro ultimo “pigiama party” e poi avrei per sempre dormito con un’altra persona. E dormire sarebbe stata solo una delle cose che avremmo fatto… «Non me l’aspettavo così» confessai, cercando di scacciare i pensieri legati alla prima notte di nozze che improvvisamente erano accorsi ad affollarmi la mente. Lucius aveva… esperienza. Io no. Avrebbe avuto importanza per lui? Avrebbe influenzato le cose, in maniera negativa? Il dubbio mi era già balenato in mente la fatidica notte in cui Lucius e io eravamo rimasti soli nel suo studio e ci eravamo baciati. Lucius aveva represso a fatica il desiderio di andare oltre, sebbene avessimo deciso di aspettare di essere sposati. Io invece non riuscivo a fare a meno di domandarmi cosa stessi facendo, anche solo dopo un bacio, e finii per scusarmi goffamente per la mia inesperienza. Lucius allora si era allontanato con una strana luce negli occhi e sorridendo aveva detto: «Se qualcun altro ti avesse toccato, non credo che gli avrei permesso di continuare a vivere. L’unica ragione per cui Zinn è ancora vivo è che gli sono debitore». Poi il suo sorriso si era fatto più ampio e, in tono scherzoso, aveva aggiunto: «La tua inesperienza risparmierà delle vite umane, Antanasia». Sorrideva ma io sapevo che diceva sul serio. Non amava pensarmi con nessun altro, proprio come io non amavo pensarlo in compagnia delle “debuttanti di Bucarest” che popolavano i suoi ricordi – o Faith Crosse. Soprattutto Faith, perché la detestavo e allo stesso tempo le invidiavo l’esperienza che sicuramente aveva… «Stavi dicendo qualcosa su Raniero» m’incalzò Mindy dandomi dei colpetti sul ginocchio e frenando così la valanga dei miei pensieri. «Terra chiama Jess!» Dovetti proprio sforzarmi per evitare che in testa mi si formassero certe immagini – o ricordi. «So solo che Raniero è il cugino di Lucius» dissi a Min, scacciando dalla mente l’immagine di Lucius e Faith avvinghiati sul letto nel garage di casa mia. «Ma Lucius lo considera un fratello, perché ha vissuto a lungo in casa Vladescu quando erano piccoli. Sono stati cresciuti insieme». «Anche Raniero è orfano?» chiese Mindy. «Perché ha vissuto tanto insieme a Lukey?» Sorrisi a quel nomignolo che non sentivo da tanto tempo. «Raniero ce li ha i genitori – in Italia» le spiegai, cercando di ricordare tutto ciò che Lucius mi aveva raccontato sul cugino. «Ma gli Anziani vollero educarli insieme, come eredi al trono». Mindy inclinò la testa da un lato, confusa. E non aveva tutti i torti, dato che nella nostra cultura non era molto usuale parlare di “eredi al trono”. «Perché?» chiese alla fine. «Dato che Lucius era figlio unico, gli Anziani pensarono di preparare anche un altro giovane Vladescu a succedergli – in caso gli fosse accaduto qualcosa…» Non riuscii nemmeno a finire la frase. Non in quel momento, la notte prima delle nozze, quando avrei dovuto solo pensare a un lungo e felice futuro con Lucius. Non riuscivo nemmeno a concepire che gli sarebbe potuto accadere qualcosa di male… «A ogni modo, gli Anziani pensavano che Raniero promettesse bene e potesse essere addestrato per diventare il braccio destro di Lucius, il suo generale» aggiunsi. «Una specie di riserva, dato che non c’erano altri Vladescu purosangue». «Ma poi cos’è accaduto?» chiese Mindy, afferrando un cuscino e stringendoselo al petto. «Perché Raniero ha l’aria di uno che non saprebbe nemmeno organizzare una gara di limbo in una delle spiaggette su cui è naufragato – figuriamoci comandare un esercito o una nazione!» Sbuffai sollevando le spalle. «Lucius non mi ha detto molto altro su di lui, solo che all’improvviso si è trasferito in California qualche anno fa». Mi chiesi se Raniero avesse mai trascorso del tempo in quella specie di prigione che avevo visto. Magari quel trattamento era riservato solo ai veri principi? Perché, se anche Raniero aveva addosso le stesse cicatrici di Lucius – se fosse stato trascinato in quei sotterranei ed “educato” a suon di percosse, finché la sua carne non si fosse lacerata e le ossa si fossero spezzate – potevo capire perché aveva preferito andarsene in un’isola assolata. «Però lui e Lucius sembrano ancora molto stretti…» aggiunsi, scacciando i brutti pensieri e il ricordo di come Lucius fosse stato punito dagli zii venuti in visita in Pennsylvania e di quanto questo lo avesse cambiato, facendolo sprofondare in un abisso di disperazione… «… anche se molto diversi» ribatté Mindy facendo roteare gli occhi. «Lucius è un re nato, mentre Raniero sembra uno sfattone!» Sebbene fino a qualche secondo prima stessi pensando alla miseria delle prigioni, non potei fare a meno di scoppiare a ridere: un vampiro “sfattone”… e soprattutto un Vladescu sfattone. «L’abbiamo visto solo per poche ore» le ricordai. «Magari aveva avuto una brutta giornata!» «Un brutto anno, direi. Ha bisogno di tagliarsi i capelli o almeno di farsi una doccia!» «Mindy!» protestai in difesa del migliore amico di Lucius. Ma non riuscii a dire altro. Raniero Vladescu Lovatu in effetti era un po’… come dire… trasandato. Aveva divorato la zuppa come un barbone affamato, stravaccato sulla sedia, e aveva chiamato un servitore sbracciandosi e urlandogli nel suo accento sbiascicato da surfer italo-californiano: «Ehi dude, ancora lenticchie, prego». Io avevo fissato a lungo Lucius, aspettandomi di vederlo aggrottare le ciglia o suggerire a Raniero di rispettare le buone maniere, ma sul suo volto non avevo visto nient’altro che uno sguardo di bonaria rassegnazione. Chi era davvero quel ragazzo che Lucius chiamava “fratello”? Nutriva nessun interesse per il potere che era stato addestrato a esercitare? Che quel suo stile fosse solo una… copertura? «Speriamo si dia una ripulita per la cerimonia, eh?» dissi allontanando con una risata i miei sospetti nei suoi confronti. «Sono sicura che Lucius non permetterà al suo testimone – nemmeno se si trattasse del fratello – di indossare un paio di bermuda al suo matrimonio!» Mindy strinse ancor di più il cuscino e guardandomi di sbieco puntualizzò: «Se qualcuno non lo sottopone a un trattamento estetico completo di qui a domani mattina, io perdo le speranze». «Speranze?» chiesi. Non capivo perché a Mindy interessasse tanto. Cioè, si trattava del mio matrimonio. Se il testimone di Lucius si fosse presentato come uno che aveva appena cavalcato un’onda, quello era un mio problema. «Be’, toccherà a me passare tutta la cerimonia al suo fianco, no?» mi ricordò. «E dovrò pure ballarci, almeno una volta, non credi?» Fu solo allora che mi venne in mente che, in quanto mia testimone, Mindy vedeva in Raniero il suo partner per la serata. Forse, e dico forse, aveva sperato che il ragazzo in questione fosse… un po’ più attraente. O magari, visto che aveva da sempre un debole per “Lukey”, che assomigliasse un po’ di più a lui. «Oh, Mindy…» Avrei voluto dirle che mi dispiaceva che fosse rimasta delusa, ma non sarei stata sincera: non ero sicura che provare attrazione per un vampiro sarebbe stata la cosa migliore per lei. Il mio destino era sposare Lucius e non volevo altro dalla vita, tuttavia non avrei raccomandato a nessuno la sete di sangue, la condanna all’eternità e il fatto di essere considerati spaventosamente diversi dal resto del mondo. No, storie d’amore o scappatelle che fossero, l’attrazione per un vampiro non era certo una cosa da prendere alla leggera. Le mie unghie affondarono nella coperta al solo ricordo, misto di rabbia e gelosia, di Faith Crosse. No, flirtare con un vampiro era pericoloso per chiunque fosse coinvolto. Non feci nemmeno in tempo a dire a Mindy che forse era meglio così e che era una fortuna che Raniero non fosse il suo tipo, che qualcuno bussò alla porta. La porta si aprì e mia madre fece capolino chiedendo: «Mindy? Ti dispiace se ti rubo Jessica per un secondo? Devo darle una cosa». Ero sul punto di dirle che Mindy poteva restare, dopotutto eravamo sorelle almeno quanto Lucius e Raniero erano fratelli. Ma vidi l’espressione sul viso di mia madre, così mi rivolsi a Mindy e le dissi: «Forse è meglio che tu vada, ok?». Perché… perché da quando ero nata mia madre non mi aveva mai guardato così.


Capitolo 8

Anche Mindy doveva essersi accorta che mia madre aveva un’aria strana, perché, scendendo dal letto, disse: «Certo, dottoressa Packwood. Sarei comunque tornata presto in camera mia. Domani è il grande giorno!». Quando Mindy pronunciò quelle parole, il mio cuore esplose di nuovo per l’emozione e la paura. Ero riuscita a distrarmi dal pensiero del matrimonio solo per alcuni minuti, ma entro poche ore avrei dovuto indossare il mio abito da cerimonia. Avrei anche ricevuto la visita di un servitore che mi avrebbe portato gli strumenti per il rito privato che tanto temevo… Avrei avuto il coraggio di farlo…? «Sarà bellissimo» mi rassicurò Mindy, vedendomi pallida. «Ehi, stai per sposarti con Lucius!» Eh sì… mi stavo per sposare davvero… Poi si chinò su di me per abbracciarmi, mi diede la buonanotte e mi lasciò sola con mia madre. Scesi dal letto per andarle incontro, curiosa di sapere come mai avesse quell’espressione in volto e soprattutto cosa nascondesse fra le mani. «Cosa c’è?» gli chiesi. «Che succede?» Mia madre mi sorrise ma l’espressione triste, quasi solenne, dei suoi occhi non cambiò mentre diceva: «Ho un regalo di nozze per te. E volevo dartelo proprio questa notte». Abbassai di nuovo lo sguardo sull’oggetto che aveva in mano e pensai che avesse un aspetto strano almeno quanto l’umore della mamma. Diversamente dalla maggior parte dei regali di nozze, questo non era avvolto in una bella confezione. Anzi, il pacchetto che mia madre maneggiava con estrema cura era avvolto in un semplice panno bianco. «Questo è un regalo speciale da parte mia e… della tua vera madre» annunciò la mamma, con le mani che tremavano. Non avevo mai visto Dara Packwood, sempre così forte e sicura di sé, tremare e la cosa mi inquietò parecchio. Mi avvicinai a lei. «Mamma…?» «Avevo promesso a Mihaela che ti avrei dato questo la notte prima delle nozze, se mai avessi sposato Lucius» disse. «Proteggilo, come fece Mihaela, e come ho fatto io aspettando di dartelo, poiché questo oggetto proteggerà te». Detto questo, sollevò lo sguardo e rividi quell’espressione strana. Capii che in quel preciso istante mia madre stava rinunciando a me. La cerimonia sarebbe stata solo una formalità per lei. Quel gesto e l’oggetto che stava per darmi – qualunque cosa fosse – mi dicevano che il suo compito era giunto al termine, quello cioè di crescermi come fossi sua figlia, e che d’ora in avanti sarei tornata da Lucius e dalla mia vera famiglia. «Mamma…» provai a dire ma gli occhi mi si riempirono di lacrime. Non ero pronta… non volevo lasciarla… Mia madre invece sapeva che ero pronta e aveva deciso che dovevamo lasciarci proprio in quel momento. Mi porse il regalo premendolo sul palmo delle mie mani. «Sarai una regina meravigliosa e un’altrettanto meravigliosa moglie» mi rassicurò. «Voi due siete molto speciali e un amore molto potente vi lega. Io l’ho sempre saputo». Io e Lucius eravamo proprio gli ultimi a saperlo… Poi, prima ancora di vedere cosa mi avesse dato – ero troppo concentrata a trattenere le lacrime – la mamma mi abbracciò sussurrandomi all’orecchio: «Sono onorata che Mihaela mi abbia scelto per farti da mamma e sono fiera di averti avuto come figlia». «Tu sarai sempre la mia mamma» le dissi, detestando il fatto che questo assomigliasse a un addio. «Lo so, Jessica… Antanasia» si corresse. «E tu avrai sempre una casa in Pennsylvania. Ma sono consapevole che nel momento in cui pronuncerai la tua promessa domani, il tuo mondo avrà qui il suo centro e lo avrà per sempre, ben oltre la mia esistenza e quella di tuo padre…» Per la prima volta Dara Packwood sembrò incapace di comprendere un concetto, quello dell’eternità, la mia. Restammo in silenzio, strette l’una all’altra. «Ti voglio bene, Jessica» mormorò ricorrendo di proposito al mio vecchio nome… forse per l’ultima volta. «Anch’io ti voglio bene, mamma» dissi incapace di trattenere oltre le lacrime che iniziarono a sgorgare libere, per andare a ricadere sulla spalla di mia madre. Dopo qualche istante posandomi una mano sulla spalla, mi scostò leggermente da lei, asciugandomi il viso con l’altra, come faceva quando ero piccola, ed entrambe cercammo di sorridere. «Domani mi aiuterai a prepararmi, vero?» le chiesi. Non credevo che sarei riuscita a portare a termine quel rito spaventoso senza lei al mio fianco… «Certo» mi rassicurò. «Certo!» Tirai un sospiro di sollievo perché per un attimo avevo temuto davvero che da quel momento in poi ci saremmo separate. Niente però avrebbe potuto cancellare la sensazione che qualcosa tra noi si fosse definitivamente rotto. Volevo che restasse ancora un po’, ma lei decise che era ora di andare. E solo quando richiuse la porta dietro di sé, osai guardare ciò che tenevo ancora fra le mani e pensai che le bende in cui era avvolto fossero davvero appropriate per l’occasione, visto che quello che tenevo in mano avrebbe potuto benissimo essere il mio cuore ferito e sanguinante. Mi iniziarono a tremare le mani e istintivamente, senza sapere esattamente se mi stessi rivolgendo a Dara o Mihaela, sussurrai: «Oh mamma…».


Capitolo 9

“… fidati del tuo istinto e diffida di chiunque desti in te il minimo sospetto… persino se si tratta dei tuoi più cari amici”. “… i Vladescu possiedono una grande forza di volontà, ma i Dragomir non si tirano mai indietro…” “Sarò sempre con te, Antanasia…” Richiusi il taccuino rilegato in pelle e sprofondai nel mio letto, senza sapere nemmeno come avessi fatto ad attraversare la stanza, assorta com’ero nella lettura del manoscritto, malridotto ma leggibile, della mia vera madre. Era come se avesse tentato di riempire ogni singolo centimetro di quel libricino – abbastanza piccolo da entrare in una tasca e magari da essere nascosto fra le pieghe del lenzuolo di un neonato che veniva sottratto a un destino infausto – che racchiudeva un compendio della sua conoscenza: tutto ciò che sapeva e che anch’io ora avevo bisogno di sapere per guidare non uno, ma ben due clan. E per essere una brava moglie. Accarezzai la copertina raggrinzita con la punta delle dita, comprendendo quanto mi avesse amato per affidarmi un’eredità tale. Lucius mi aveva dato il manuale per diventare un vampiro; Mihaela Dragomir mi aveva donato la guida che mi avrebbe permesso di sopravvivere in quanto tale. Chiusi gli occhi, chinando la testa in segno di gratitudine, rispetto e amore nei suoi confronti. Grazie, Mihaela, per avermi salvato proprio quando hai capito che la tua distruzione era vicina… Sebbene avessi dato solo un’occhiata veloce al libro per poi riprenderlo in mano in un momento di maggiore tranquillità e leggere con attenzione quei consigli che mi avrebbero accompagnato per mesi, anni a venire, avevo notato che le sue annotazioni si facevano più coincise e frettolose, la sua scrittura più irregolare, via via che ci si avvicinava alla fine del libro, come se si fosse resa conto che non le restava più tanto tempo… Rabbrividii e mi resi conto che la temperatura della stanza era di colpo precipitata, così andai a rifugiarmi sotto le coperte, riponendo il piccolo volume sotto il cuscino, come se la sua semplice vicinanza avesse potuto trasmettermi, in una sola notte, la saggezza di secoli. Volevo tenerlo con me. Persino il comodino mi sembrava troppo lontano per custodire un oggetto così prezioso. Posai la testa sul mio soffice cuscino e chiusi gli occhi, avvertendo un senso di calore provenire non tanto dalle coperte ma dalla consapevolezza di avere un altro alleato in quel mondo in cui mi stavo addentrando e che mi era ancora così estraneo. Qualcuno che avrebbe potuto aiutarmi perché aveva già fatto quelle esperienze. Capii in quell’istante perché la mia madre adottiva avesse percepito in maniera così forte che quello era il momento di
lasciarmi andare affinché una nuova vita avesse inizio: sapeva di affidarmi a Mihaela, che con le sue parole sarebbe d’ora in avanti stata la mia guida. Ero certa, però, che avrei sempre avuto bisogno anche di lei e che avrei continuato a ricorrere ai suoi consigli per quanto mi fosse stato possibile. La serata e quel dono mi avevano lasciato un sapore dolce amaro in bocca, ma nonostante ciò mi sorpresi a sorridere, ripensando a una particolare frase su cui mi era caduto l’occhio mentre sfogliavo il libricino: “… spero che un giorno tu possa amarlo…”. Sapevo bene a chi Mihaela si riferisse. A Lucius, il mio futuro marito, per il quale nutrivo un amore che a volte mi spaventava, ma che allo stesso tempo era la cosa più bella che mi fosse mai capitata.
Lucius… ma come avevo potuto anche solo pensare di rifiutarti? Mi venne da pensare alla cerimonia del giorno dopo ma, dato che non sapevo dove si sarebbe tenuta, faticavo a immaginarmela. Credevo che non mi sarei mai addormentata, ma ben presto scivolai nel mio sogno preferito, quello che iniziava con Lucius che mi prendeva per mano e mi conduceva lungo un sentiero segreto di cui solo pochi vampiri – e due umani molto speciali – conoscevano l’esistenza. Nel mio sogno mi esortava stringendomi la mano con dita gelide e forti. «Vieni con me, Antanasia. Voglio mostrarti un luogo speciale, un luogo sacro…»


Capitolo 10

Il sentiero accidentato scava sul fianco del monte e ci conduce sempre più in alto, sui Carpazi, là dove non sono mai stata. Mi aggrappo alla mano di Lucius, respirando a fatica nonostante la nostra andatura sia lenta. Il terreno è più roccioso quassù e gli alberi meno fitti. L’aria stessa sembra rarefatta e procedere non è affatto semplice. Persino Lucius, che è allenato e conosce bene queste montagne, è in difficoltà. Si sta facendo buio e procediamo in silenzio, troppo concentrati sul cammino. In questo silenzio riesco a sentire il suo respiro. Inspira ed espira a ritmo regolare al mio fianco. Improvvisamente la tranquillità di quello scenario desolato s’infrange al rumore dei passi di qualcuno che ci segue da vicino, nascosto nella vegetazione. Passi che procedono rapidi, provengono da direzioni opposte e corrono giù per la montagna così da far scivolare piccole rocce verso la vallata sottostante. Non c’è dubbio, qualsiasi cosa o chiunque sia è di grandi dimensioni – o forse sono più di uno… Stringo forte la mano di Lucius e lo costringo a fermarsi. Trattenendo a stento l’agitazione, gli sussurro: «Lucius? Si sta facendo tardi…». Mi guardo intorno scrutando nel buio alla ricerca di ombre o figure in direzione di quel minaccioso calpestio. «Non credi che sarebbe meglio rimandare a domani?» So che non c’è nessun bisogno di ricordargli che queste montagne nascondono orsi e lupi – e uomini che volentieri distruggerebbero un vampiro. E sono certa che lui capirà anche il perché del mio nervosismo. Il rumore dei passi si affievolisce, trascinato via dal vento, ma non riesco a sentirmi sollevata finché Lucius, che fino a quel momento mi ha preceduto guidandomi lungo un sentiero, si volta e mi chiede dolcemente: «Pensi forse che permetterei che ti accadesse qualcosa di male? O anche solo di inciampare?». So che questa domanda aleggerà su di noi per sempre, considerando com’è iniziata, e quasi finita, la nostra storia. Considerando chi è Lucius. Nonostante sappia nel profondo del cuore che la risposta alla sua domanda sarà sempre “no” – che lui non permetterà che mi succeda mai nulla di male – so anche che né io né lui dimenticheremo mai quanto sarebbe potuto accadere la notte in cui stava per fare di me la prima vittima di una guerra fra clan. Sono convinta che a volte Lucius metta alla prova la mia fiducia in lui più per rassicurare se stesso che me… Mentre cerco di scavare in quegli occhi neri nel buio che avanza, un’improvvisa folata di vento si leva dalla vallata investendoci con una potenza tale da farmi perdere l’equilibrio, ma Lucius è lì a sostenermi afferrandomi per un braccio con la mano libera. Rimango in piedi ma per un istante ci troviamo faccia a faccia, e le paure lasciano il posto al desiderio incontrollabile che ho di baciarlo, lì, subito. Ogni volta che siamo soli e così vicini da permettermi di sentire l’odore della sua pelle, morirei per sentire le sue mani su di me, le sue labbra contro le mie… Ma Lucius questa volta ha altri piani, ha in mente una destinazione ben precisa. «Vieni» mi dice sorridendo come se i miei occhi avessero già risposto alla sua precedente domanda: sono più chiari dei suoi   non c’è dubbio che sotto la luce della luna nascente lui riesca a leggervi dentro senza difficoltà. Sono certa che sa bene come mi sento, e anche se ci diciamo spesso cosa proviamo, a volte non posso fare a meno di imbarazzarmi al pensiero di quanto ai suoi occhi il mio amore per lui sia palese. Mi fa ancora sentire a disagio la consapevolezza di essere così esposta mentre Lucius, cresciuto al solo scopo di essere invulnerabile, continua a essere un mistero per me. Ricominciamo a camminare e Lucius rallenta ulteriormente il passo perché il terreno è sempre più accidentato e l’aria troppo fine per i miei polmoni, abituati all’aria di mare del sud della Pennsylvania. Guardo dove metto i piedi perché non voglio appoggiarmi completamente a Lucius, e la strada si fa sempre più irta e il terreno disseminato di enormi massi appuntiti che ho imparato a riconoscere come tratto distintivo dei Carpazi. Sono così concentrata che perdo la cognizione di tutto ciò che ho intorno, persino del tempo, così rimango sorpresa quando Lucius di colpo si ferma e mi stringe forte la mano, facendomi cenno di guardare insù. E quando lo faccio, davanti a me non vedo… niente.
 
 
Capitolo 11

L’oscurità senza fine dello squarcio lungo e stretto che si apre davanti a noi nella roccia, come una profonda ferita, mi fa indietreggiare di qualche passo. Lucius, invece, rimane fermo dov’è. Senza proferire parola, entra per primo e io mi lascio guidare attraverso quell’apertura, così angusta che Lucius è costretto a chinarsi. Procediamo lentamente, sondando il terreno, perché non c’è nessuna speranza che i nostri occhi si abituino alle tenebre di quel passaggio sotterraneo. Vorrei chiedergli perché non abbiamo portato con noi una torcia o una candela, ma qualcosa mi dice che è meglio tacere. Ho paura… paura di rimanere imprigionata sotto terra, in un piccolo spazio, immersa in un’oscurità che quasi certamente cela creature che mi farebbero accapponare la pelle, se solo le vedessi alla luce del sole. Mi assalgono paure irrazionali, come quella che di colpo venga a mancarmi la terra sotto i piedi e un solo passo mi veda precipitare nel vuoto più assoluto. Ma allo stesso tempo sono emozionata e fiduciosa perché Lucius sa bene dove sta andando. All’improvviso Lucius si abbassa ancora di più e si volta verso di me, poi mi posa una mano sulla testa per proteggermi mentre attraversiamo un passaggio in cui rocce appuntite fuoriescono dal soffitto. «Fai attenzione» mormora. «Le rocce sono molto affilate in questo punto». Eh sì, è chiaro che Lucius è già stato qui… Superato il punto critico, sebbene ancora a capo chino, scorgo un lieve bagliore in lontananza e l’emozione inizia a salire, portando con sé un’altra buona dose di confusione. La luce trema come quella di una fiamma. C’è forse qualcun altro qui dentro? E noi siamo venuti per incontrarlo? Non so se Lucius è sorpreso quanto me, perché non lo dà a vedere. Continua semplicemente a camminare lungo il corridoio che curva dolcemente, avanzando verso la luce, e i miei occhi finalmente riescono a cogliere qualche dettaglio dell’ambiente che ci circonda. Noto che le pareti del passaggio in cui ci troviamo sono abbastanza lisce e asciutte, e che quel luogo in realtà non è così minaccioso come me l’ero immaginato al buio. Sembra quasi ci sia lo zampino dell’uomo. Abbasso lo sguardo e anche il pavimento sembra esser stato pulito e liberato da sporcizia e ciottoli che avrebbero potuto farci inciampare. Persino l’aria, sebbene stantia, ha un odore speziato… come d’incenso. Faccio un respiro profondo, perché quell’odore mi ricorda vagamente il particolare profumo che da subito avevo associato a Lucius, quando eravamo ancora in America. Faccio attenzione a mettere i piedi dove li mette lui, lasciando correre la punta delle dita della mano sulla parete rocciosa e chiedendomi se per caso Lucius non avesse scelto quel particolare profumo proprio perché gli ricordava quel luogo. La luce aumenta e il cuore mi inizia a battere forte. Sto per vedere quello che molto probabilmente – non posso ancora esserne certa – sarà il luogo più significativo della mia vita… Il soffitto si alza e le pareti si distanziano mano a mano che procediamo, così che anche Lucius riesce a raddrizzarsi, e all’ultimo momento, proprio mentre passiamo sotto a un supporto di legno grezzo che separa il corridoio da una sala, lui si porta al mio fianco per poi farsi da parte, così che possa precederlo, e mi dice con voce bassa e tono reverenziale: «Antanasia, questo è il luogo dove i nostri genitori ci promisero l’uno all’altra». Inizio ad addentrarmi in quella caverna oscura, illuminata solo da una fila di candele disposte su un tavolo di legno a mo’ di altare… e in quel momento avverto chiaramente la sensazione di essere già stata qui. La bambina, che nella mia mente vedo sollevata in aria come un’offerta votiva durante una cerimonia segreta, sono io. Ho sempre pensato a quella bambina come a un’estranea… non più reale di una bambola… e invece si trattava di me, una persona in carne e ossa. I miei occhi avevano già visto tutto questo molto tempo prima. Forse mi avevano posata proprio su quel tavolo… E Lucius… Mi volto lentamente per guardarlo negli occhi e sul volto ha dipinto uno sguardo sereno e insieme solenne. Sa esattamente a cosa sto pensando. «Sì, Antanasia… Noi ci siamo davvero incontrati qui, in questo luogo, per la prima volta». Si ferma all’ingresso della grotta per darmi il tempo di riprendermi da quella rivelazione, per lasciarmi ammirare ogni dettaglio e assaporare tutte le emozioni che mi stavano nascendo dentro di fronte a quel luogo che Lucius aveva a buon diritto definito sacro. La caverna non è ampia ma, come il corridoio, è pulita e ordinata. Oltre al tavolo, ci sono delle panche di legno grezzo, come il supporto all’ingresso, disposte in fila, come in una scuola o una chiesa. «Qui i nostri antenati prendevano le decisioni più importanti» m’informò Lucius, vedendo il mio sguardo vagare per la stanza. «Gli Anziani e i vampiri più saggi si radunavano qui per discutere e lo fanno ancora, quando si tratta di questioni delicate, di cui nessuno deve venire a conoscenza». Noto che anche il suo sguardo vaga qua e là come se, parlandomene, rivedesse quel posto con occhi nuovi. «Fungeva anche da rifugio, vero?» gli chiedo. «Durante le epurazioni…?» Un brivido mi attraversa la schiena e il freddo della caverna ha poco o nulla a che fare con esso. I nostri genitori erano stati distrutti durante l’ultima epurazione. Ce ne sarebbero state altre…? «Sì» dice Lucius confermando i miei sospetti, mentre entra nella sala con le mani dietro la schiena e il capo chino, come sempre fa quando diventa pensieroso. «Questo è sempre stato un porto sicuro. Ed è strettamente sorvegliato». Poi solleva lo sguardo per incontrare il mio e aggiunge: «La distruzione è la giusta punizione per i vampiri che rivelano l’esistenza di questo posto agli umani. E questa è una condanna senza alcuna possibilità di revoca. Nessuna pietà per i trasgressori». Lo guardo mentre pronuncia con decisione quelle parole e, sebbene sappia di avere di fronte un sovrano in carne e ossa, non posso fare a meno di provare stupore – e una sottile sensazione di disagio – al pensiero che il vampiro capace di baciarmi con tenerezza infinita e che mi aveva appena posato una mano sulla testa per proteggermi, non avrebbe esitato a infliggere una pena tale. L’insicurezza s’impadronisce di me. Sarò capace, come principessa, di punire i trasgressori? Potrei doverlo fare anche ora, se un Dragomir non rispettasse il voto di segretezza? Guardo Lucius dritto negli occhi. Chissà se ha già dovuto rivestire il ruolo di giudice e punire qualcuno così spietatamente… Sto quasi per chiederglielo, ma cambio idea. Non voglio saperlo… non ora. Così decido di porgli un’altra domanda che mi preme molto. «Se questo è un nascondiglio sicuro, allora perché i nostri genitori…?» Ma Lucius ha già iniziato a scuotere la testa. «Un sovrano non si “nasconde”, Antanasia» puntualizza. «Soprattutto se si tratta di sovrani come i nostri genitori. Come noi. Re e regine non si precipitano a rifugiarsi nelle caverne, nemmeno se c’è in gioco l’esistenza». Deglutisco a fatica, con una sensazione di nausea allo stomaco, e non solo perché dubito di avere abbastanza coraggio da andare incontro alla distruzione ma anche perché Lucius ci appena definiti “re” e “regina”. Siamo solo principi ancora. Per lo meno io lo sono. Per diventare una regina vera e propria… dovrei… dovrei avere un bambino, un erede al trono che porti a compimento in maniera inequivocabile l’ultima condizione del patto, l’unione fra i nostri due clan… Guardo l’affascinante, potente vampiro che ho davanti, ancora incerta su come interpretare le mie sensazioni… «Non fare quella faccia, Antanasia» mi dice lui accennando un sorriso mentre si avvicina. Poi mi prende le mani fra le sue e si china su di me, accostando la fronte alla mia e accarezzandomi le dita. «Ogni cosa a suo tempo, giusto?» mi sussurra avendo intuito come mi sento. «Non volevo spaventarti!» Così, lentamente, i timori che mi avevano attanagliato svaniscono e rimaniamo in piedi al centro della stanza, in un piccolo cerchio di luce. Accetterei qualsiasi sorte – infliggendo punizioni e affrontando la distruzione, se necessario – anche solo per restare così, stretta a lui, per pochi istanti ancora. «Non ho paura» lo rassicuro. «Sicura?» mi chiede portandosi le mie mani al petto, così che possa sentire il battito del suo cuore. Batte a un ritmo un po’ più veloce di quello quasi impercettibile a cui sono abituata, così sollevo lo sguardo per capire cosa possa averlo emozionato a tal punto. Ha una luce diversa negli occhi, una specie di luccichio che mi dice che qualcosa d’importante sta per accadere. Qualcosa di più di una semplice visita nel luogo dove generazioni di vampiri rumeni avevano stipulato dei patti, dichiarato dei trattati e dove a volte si erano rifugiati per sfuggire alla persecuzione degli umani. Con la coda dell’occhio vedo la fiamma delle candele tremare e ho la mia seconda rivelazione della serata. Quei passi sulla montagna… non potevano che essere di una delle due guardie fidate di Lucius, che avendoci preceduto per preparare la caverna, stavano facendo ritorno a castello... Il motivo per cui Lucius avesse scelto la notte, quando avremmo potuto benissimo venirci di giorno, era ancora un mistero per me. Studio ancora una volta i suoi occhi misteriosi, desiderando come non mai di saper leggere nella sua mente con la stessa facilità con cui lui solitamente legge nella mia, e sentendo il suo cuore ancora battere forte, gli chiedo: «Lucius… Perché mi hai portato qui stanotte?». E la sua risposta… non è affatto quella che mi aspettavo.
 
 
Capitolo 12 
 
Lucius si scosta da me, ma solo di un passo, continuando a tenere le mie mani nelle sue. I suoi occhi mi scavano dentro e, poco a poco, in essi intravedo un nuovo cambiamento. Per la prima volta riesco a vedere al di là di quello sguardo impenetrabile, sempre vigile, e ciò che vedo è lo stesso innocente bisogno di essere amato che io stessa non perdo occasione di comunicargli. Ora so che l’ultima barriera fra me e lui è crollata. Lucius mi ha detto molte volte che mi ama. E quell’amore l’ho visto nei suoi occhi. Ma mai così chiaramente. In quell’istante Lucius si stava rivelando a me volontariamente, mi mostrava la sua anima – la cosa più difficile per lui – e io non riuscivo a distogliere lo sguardo, tanto era il desiderio di imprimere indelebilmente quel momento nella memoria. «Ti ho portato qui questa sera per chiederti di sposarmi, Antanasia» mi dice alla fine, impedendomi di precipitare nell’abisso di quegli occhi. Quelle parole, quelle incredibili parole, fermano tutto. Anche il tempo. «Lucius…» mormoro, incapace di credere che tutto questo stia davvero accadendo. Sposarmi con Lucius era praticamente l’unica cosa a cui ero riuscita a pensare, tra timori e speranze, da quando l’avevo incontrato ed ero venuta a conoscenza del patto. Eppure in quell’istante non riuscivo a credere alle mie orecchie e continuavo a fissare l’indicibile profondità di quegli occhi, per riuscire a capire se stessi solo sognando. «Lucius…?» Lui mi stringe le mani più forte, tenendole premute al petto. «Voglio chiederti di sposarmi – proprio nel luogo in cui siamo stati promessi – non perché il tuo ruolo lo esige, ma perché mi ami come ti amo io» dice. «Ti chiedo di scegliermi davvero, perché io ho scelto te, Antanasia, non per onorare il patto, ma per seguire ciò che mi diceva il cuore, e il mio cuore non si accontenterebbe di nient’altro se non di un’esistenza al tuo fianco». Vorrei urlare “sì” con quanto fiato ho in gola e abbandonarmi fra le sue braccia. Ma ho i piedi inchiodati a terra e la lingua chiusa a chiave nella bocca. Non riesco a far altro se non fissarlo, certa che anche questa volta saprà leggermi nel pensiero. Poi guardandomi negli occhi, come si fa fra vampiri reali, Lucius formula la fatidica domanda, quella che avrei voluto sentirgli pronunciare dal primo giorno in cui l’ho visto. «Antanasia, vuoi sposarmi?» mi chiede accarezzandomi una guancia e spostando i riccioli che mi ricadono sul viso dietro l’orecchio, e la sua voce è ancora più dolce e soffice, quasi un sussurro, mentre dice: «Vuoi, Antanasia? Vuoi essere mia moglie?». L’innocenza che ha dipinta in viso si riflette nella sua voce ed è proprio quella dolcezza – quella nuda richiesta, carica della speranza di avermi al suo fianco per sempre – a sciogliermi, permettendomi finalmente di parlare. Perché so che Lucius non ha mai implorato né mai implorerà nessuno come ora sta implorando me. «Sì, Lucius!» esclamo. O almeno credo di farlo. In realtà la mia voce è sottile, quasi strozzata. «Sì!» ripeto allora, alzandomi in punta di piedi per gettargli le braccia al collo. «Sì, sì, sì» sussurro senza riuscire più a smettere. Lui mi stringe a sua volta a sé e mi dice: «Grazie, Antanasia… grazie di amarmi…». Rimaniamo così per un lungo istante, per assaporare insieme ciò che ci sta accadendo. Ci sposiamo non per via del patto, ma perché non possiamo vivere l’una senza l’altro… Poi Lucius mi passa una mano fra i capelli e io sollevo lo sguardo appena in tempo per vederlo chinarsi e baciarmi sulle labbra, dolcemente. Ci diamo baci dolci, innocenti. È come se entrambi riconoscessimo che questo momento merita tutto il nostro rispetto, proprio come il luogo in cui sta accadendo. Quando le sue labbra, solitamente avide, cercano le mie in maniera così gentile, è come se mi dicesse: «Mi prenderò per sempre cura di te…». All’improvviso, mentre ci baciamo, Lucius mi prende la mano sinistra e m’infila un anello al dito. Non mi ero nemmeno accorta che avesse messo una mano in tasca. So però che la maggior parte delle ragazze avrebbero emesso gridolini di gioia e si sarebbero messe a rimirare il diamante, ma io non ho nemmeno intenzione di aprire gli occhi. Riporto le braccia dove si trovavano, attorno al suo collo, perché non m’importa di sapere com’è il mio anello. Non m’importa di nient’altro… se non della sensazione che stiamo vivendo in quel preciso istante… «Antanasia». Una voce si fece largo nel sonno. Mi voltai dall’altra parte, scacciandola, perché non volevo lasciare Lucius. Ma quella voce, la voce di mia madre, irruppe di nuovo nel mio sogno, e una pressione sulla spalla mi fece sussultare. «Antanasia!» «Mamma» borbottai sperando che mi concedesse solo cinque minuti ancora. «Ti prego…» Ma lei riprese a scuotermi più forte e mentre, riluttante, aprivo gli occhi, la udii ridere. Strizzai gli occhi tre volte, perché il sole che illuminava la stanza e l’enorme brillante che avevo al dito mi accecava. Un cimelio della famiglia Vladescu sottratto e nascosto dalla madre di Lucius, Reveka, poco prima che venisse distrutta. Un antico tesoro che desiderava che Lucius desse a me. Sollevai lo sguardo e vidi che la mamma aveva riacquistato la serenità che la contraddistingueva e, sebbene non avessi fatto altro che pensare a quel giorno per settimane, rimasi a bocca aperta quando la sentii dire: «Svegliati, dormigliona. Oggi è il giorno del tuo matrimonio!».

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